sabato 24 ottobre 2015

La crisi morale e sociale

Molto si è detto della crisi economica, ma poco su quella morale e sociale.

La crisi morale riguarda principalmente i grandi agglomerati urbani e diminuisce allontanandosi dalle città. Le persone tendono a sentirsi parte del luogo in cui abitano ed ad usarlo come parte della propria identità. La rivalità tra pisani e livornesi è l'esempio principe di questo fenomeno.
Nei grandi agglomerati urbani, non c'è lo spirito di comunità e c'è la possibilità di fare cose contro la moralità comune senza essere scoperti, cosa che non si verifica nei piccoli centri.
La possibilità di viaggiare, ed in alcuni casi, l'obbligo a viaggiare per trovare un lavoro, crea una contraddizione tra i valori morali del luogo da cui si proviene ed il luogo in cui si vive e si lavora. Si pensi al minatore, degli anni 1970, proveniente dal Sud Italia, che lavorava in Belgio. Si immagini il disagio al quale possa essere sottoposto.
La crisi sociale è dovuta al fatto che interi paesi si sono svuotati e si sono create dei comuni-fantasma in cui ci sono solo anziani. Anche quando gli anziani sono in città, non hanno il ruolo di portatori di esperienza e saggezza, ma di persona che deve essere accudita e sopportata.
Gli influssi principali sono la disoccupazione, tanto auto-razzismo, le pubblicità che avvelenano le nostre menti, le serie televisive che ci propongono storie totalmente impossibili in qualunque parte del mondo.

Succede da decenni, ma ciò che è cambiato è la qualità degli spettacoli televisivi e la quantità di tempo che viene trascorsa davanti al televisore.
I primi televisori erano dei francobolli luminosi celestini. Ci si metteva davanti una lente d'ingrandimento per vedere meglio. Con televisori più grandi, di alta qualità e con gli smarphone ed i tablet, è cambiata la scala del fenomeno.
Adesso ci sono dei televisori pubblicitari anche nelle stazioni dei treni (e nei treni) e nelle vetrine delle banche (!!!).
La crisi sociale è un fenomeno graduale, quindi si può dire che è cominciato ad un certo punto.

La pubblicità fornisce una informazione distorta sul mondo. Il messaggio di base della pubblicità è che tutto ciò che devi fare per essere felice è comprare quel prodotto o quel servizio. Facendo questo, la pubblicità spinge sull'egoismo, sulla vanità legata al proprio aspetto fisico, sull'opportunismo e sul culto di se stessi. A questo aggiungo il giudicare le persone in base al conto in banca e non rispetto al comportamento.
Si sono visti anche fenomeni di pubblicità progresso e pubblicità che spingono a fare cose positive, ma si tratta di una sparuta minoranza.
Tutte queste cose che promuove la pubblicità, di per sé non sono negative. Diventano negative quando vengono esasperate fino al punto in cui cominciamo a considerarle le uniche possibili.
Questo ha anche l'effetto di deformare le conversazioni tra le persone. Questa società ci spinge a fingere di essere sempre come i personaggi della TV: allegri e spensierati. Ma cosa succede quando qualcosa ci va male ed abbiamo bisogno di confidarci per sfogarci o ottenere consigli? Succede che o non lo facciamo, e ci teniamo dentro la tristezza, oppure lo facciamo, ma cominciamo ad avere la fama del piagnone o della piagnona (o i gufi di Renzi).
Quindi, di fatto spariscono tutti i valori che non hanno nessun legame col denaro. Insieme a loro, ci sentiamo il dovere di essere come i personaggi TV.


Per approfondire

Sulla costruzione delle identià Il potere delle identità di Manuel Castells.
Riguardo alla crisi della società Liquid Modernity di Zygmunt Bauman.
A proposito della critica della pubblicità un po' tutta l'opera di Theodor Adorno e Herbert Marcuse. Tra i più recenti No Logo di Naomi Klein.

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